30.12.11

Il tempo rubato ai bambini e alle bambine

Settima missiva

Nicola Lupoli
Libera Universita di Bolzano


Onorevole Ministro Profumo,
da Lei, uomo di scienza e docente, una scuola offesa nelle sue professionalità e mutilata nelle risorse attende l`urgente avvio di una indifferibile ricostruzione. Necessaria per la scuola e per il Paese e contrassegnata da una decisa e coraggiosa discontinuità, che riporti il sapere al suo essere valore in sé, bene comune, e che lo garantisca a tutti, per tutta la vita. Quel sapere che -come scriveva Socrate- è “il solo bene”, che è risorsa della persona e della collettività, da sottrarre, oggi, alla mera logica del mercato. Non perché lo affermano “ideologici” pedagogisti, ma perché lo prescrive quella Carta Costituzionale alla quale i Ministri giurano fedeltà. I principi fondativi di ogni azione di politica educativa sono tutti lì: nella tutela dell’inviolabilità della persona (Art. 2); nel riconoscimento e nella valorizzazione delle diversità (Art. 3); nella promozione dell’uguaglianza sostanziale e della partecipazione democratica (Art. 3); nella tutela delle minoranze linguistiche (Art. 6); nella garanzia della libertà religiosa (Art. 8); nella promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica (Art. 9); nell`affidamento alla Repubblica del compito di dettare le norme generali sull'istruzione ed istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi (Art. 33); nell`obbligatorietà e gratuità dell`istruzione inferiore (Art. 34); nel sostegno, con borse e aiuti economici alle famiglie, dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi.
Non ritiene, dunque, anticostituzionale il processo di progressiva demolizione culturale e finanziaria della Scuola pubblica e dell`Università pubblica operato dal precedente governo, che ha ridotto la qualità e l'efficacia didattica che caratterizzavano il modello educativo del nostro paese, a partire da quella scuola primaria che assurgeva a posti di eccellenza nelle classifiche internazionali, devastandolo con selvaggi tagli di personale (87 mila posti in meno in tre anni) e di risorse? Con esso sono stati drasticamente ridotti il diritto allo studio e l`offerta formativa, a partire dal tempo-scuola, sono stati eliminati i team dei docenti e le contemporaneità e, allo stesso tempo, con il sostegno politico di poderose campagne mediatiche e nell`assenza di ogni confronto con la cultura e gli operatori, sono stati reintrodotti pre-industriali modelli formativi (maestro unico e sistema duale) e emanati risibili provvedimenti “innovativi” concernenti l`obbligo del grembiulino, l`introduzione di classi separate per sesso e etnie, del voto in condotta, del voto numerico, della valutazione affidata a quiz paratelevisivi e via discorrendo.
A ciò si potrebbero aggiungere: lo stato di degrado di gran parte del patrimonio scolastico (con il 16 per cento degli edifici da demolire e più della metà che necessita di interventi urgenti anche per la messa in sicurezza); la carta igienica portata dagli alunni da casa; il materiale didattico acquistato da docenti e genitori che si autotassano; i tagli agli enti locali impossibilitati a intervenire; il ridimensionamento delle istituzioni scolastiche; la diminuzione di aule e docenti di base e di sostegno a fronte dell`aumento complessivo degli alunni e, soprattutto, dell`aumento di quelli disabili o con disturbi di apprendimento di matrice socio-culturale.
Non ritiene che tutto ciò, da un lato impedisca la modernizzazione del nostro Paese, allontanandolo sempre più dall`Europa e, dall`altro conduca a “conformare” bambine e bambini dalla testa “mal fatta”, omologati, imbottiti di nozioni, privati di metaconoscenze, di riflessività, di fantasia, creatività, inventività, amputati del loro cuore, impediti a esprimere la loro affettività e relazionalità?
Sarebbe miopia politica, culturale e anche economica giustificare i tagli inferti alla scuola con lo stato di crisi del Paese. Ce lo ricorda una fonte autorevole come la Banca d`Italia che, nello studio su “I rendimenti dell`istruzione” del settembre 2009, evidenzia come la miglior cura della crisi economica sia il rilancio di significativi investimenti nel campo dell'istruzione e della formazione, prevedendo, accanto ai conseguenti benefici di tipo sociale e culturale, un rendimento del 7% circa dell'investimento e un vantaggio fiscale compreso tra il 3,9% e il 4,8%.
Altre scelte sono state compiute. Verrebbe da dire, ricordando ciò che scriveva Goethe nelle sue Massime e riflessioni: “Non c'è niente di più terribile di un'ignoranza attiva”. In questo caso l`ignoranza pedagogica, didattica e docimologica si è saldata con una interessata strategia di disintegrazione della scuola pubblica, correlata a un sempre più consistente finanziamento ai percorsi di formazione privata, in linea con avviati processi di trasformazione del sapere in merce che in Europa vede i grandi gruppi capitalistici posizionarsi nella conquista del mercato della conoscenza e dell’insegnamento.
Può provare a invertire la rotta? Mi limito a porle il problema del/i tempo/i della scuola. Possiamo considerare, in una prospettiva educativa, che possa essere pensato ed erogato oltre il campo del modello organizzativo derivante dalle risorse decise dal Ministero dell`Economia e delle Finanze, ricordando che esso è, innanzitutto, il tempo delle bambine e dei bambini? Che si cominci a distinguere il tempo della scuola dal tempo del curricolo, quello dell`insegnamento da quello dell`apprendimento?
Possiamo pensare a un tempo della scuola ampliato, che vada significativamente oltre quello destinato al curricolo disciplinare e che si valorizzi con espansioni, integrazioni, arricchimenti apportati dall`integrazione con altre scuole, con altre agenzie, con il territorio e l`ambiente, con i vissuti esistenziali? Un tempo in cui bambine e bambini possano crescere imparando a comprendere sé stessi, gli altri, la realtà. Che scorre con velocità e lentezze variabili da soggetto a soggetto, a seconda dei personali ritmi di ricostruzione dei significati e dei sensi delle esperienze che in esso vivono. Un tempo che non sia più “tempo/orologio”, lineare, segnato da ripetuti, regolari battiti intermettenti, sequenziato in porzioni definite, bensì “tempo/clessidra”, compreso in un flusso continuo all`interno del quale “vivere” flessibilmente esperienze sempre e tutte educative. Quello da dedicare alla meraviglia, alla scoperta, allo sperimentare, al gioco non strutturato, agli sguardi, ai sorrisi, alla gioia di stare insieme, ai sogni, alla fantasia, al creativo, all`“improduttivo”, all’ “inutile”. In cui le bambine e i bambini possano non-stare-fermi. Il tempo in cui possano immergersi nei loro tanti diversi, possibili mondi non imprigionati dalle regole, dai modelli e dagli schemi degli adulti, da tappe forzate di apprendimento disciplinare, cadenzate, programmate, incasellate in orari rigidi. Quello in cui possano progressivamente intuire e poi comprendere il valore di ciò che fanno e apprendono, il senso del loro essere nel mondo.
Tagliare il tempo della scuola ha significato anche sottrarre l’infanzia ai bambini.
Onorevole Ministro, vuol provare a restituirgliela?